La leadership e il processo decisionale sono tra le principali sfide che lo sport deve affrontare in termini di uguaglianza di genere. Il principio di gender equality è condiviso da molti e citato spesso nei documenti istituzionali, ma al pratico trova raramente un riscontro.
In Italia, su 44 federazioni sportive c’è solo una donna ai vertici, la neoeletta Antonella Granata, prima storica presidentessa di una federazione sportiva nazionale, quella dello Squash. Di recente sono salite da 4 a 13 le vicepresidenti di federazione, tuttavia il numero di quote rosa con effettivo potere decisionale resta ancora molto basso. E anche in Europa la situazione resta critica con una sola donna presidente (Hockey) contro 27 uomini.
Il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) si sta impegnando sul tema, e ha dichiarato di porsi l’obiettivo della parità di genere ai Giochi Olimpici di Parigi 2024, dopo aver mosso i primi passi in questa direzione già a Tokyo 2021, dove si è raggiunto il 49% di atlete donne. Secondo il recente statement del CIO sulla gender equality, ad oggi le donne rappresentano il 37.5% fra i membri totali del CIO, il 33,3% nel IOC Executive Board (contro il 26,6% pre-Olympic Agenda), il 47,8% dei membri delle commissioni CIO (erano il 20,3% nella pre-Olympic Agenda) e il 53% nell’amministrazione del Comitato stesso.
Per quanto riguarda lo sport praticato, il movimento femminile nel complesso è in crescita. A fare da apripista è stato il calcio femminile, la cui visibilità in Italia ha registrato un forte aumento dopo il Mondiale del 2019 trasmesso per la prima volta in prima serata su Rai 1. Aumenta l’attenzione verso le ragazze della nazionale di Milena Bartolini che sono pronte a farci rivivere le stesse emozioni di due anni fa grazie alla qualifica ai prossimi Europei 2022, che si disputeranno in Inghilterra. In parallelo, le calciatrici stanno acquisendo negli ultimi tempi maggiore visibilità anche nei club di Serie A, affiancando i colleghi uomini per esempio nella presentazione delle maglie per la nuova stagione. Ma la strada è sempre lunga. Resta ancora predominante la visibilità offerta sui media alla compagine maschile dello sport.
Indiscusse protagoniste del panorama sportivo femminile italiano sono invece le atlete degli sport invernali. Grazie al loro talento e alle importanti vittorie ottenute negli ultimi anni, sono seguite da un pubblico sempre più vasto. Per citarne alcune: Sofia Goggia, Marta Bassino e Federica Brignone nello sci alpino, Dorothea Wierer nel biathlon, Arianna Fontana nel pattinaggio short track e Michela Moioli nello snowboard. Senza dimenticare che le ragazze d’oro della neve sono state le ambassador per la candidatura alle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026, dimostrando non solo meriti sportivi ma anche grandi capacità di comunicazione e coinvolgimento.
Credit foto: Getty Images di Eurosport.it
Un tema legato all’uguaglianza di genere è sicuramente il pay gap, ovvero la differenza nella retribuzione corrisposta alle atlete donne che frequentemente è più bassa di quella della controparte maschile. Secondo un interessante report di Deloitte, il gender gap nello sport è destinato ad assottigliarsi: lentamente, ma accadrà.
Lo sport femminile è pronto per una maggiore monetizzazione se alcuni elementi chiave si concretizzeranno. Una delle sfide è sicuramente quella di attirare più pubblico allo stadio e audience in TV su molteplici sport femminili. Di conseguenza, cresceranno visibilità e valore in termini di sponsorizzazioni. Ma perché tutto ciò accada è necessario che l’intero settore sportivo - cioè le federazioni, le leghe, le squadre e gli sponsor -investa per creare maggiori opportunità per lo sport femminile, così che possa dimostrare tutto il suo valore commerciale.
Nello sport sono rari gli esempi di riconoscimento economico equivalente tra donne e uomini. Un esempio in questo senso arriva dal tennis, in cui i grandi Slam hanno lo stesso prize money sia per il torneo femminile che per quello maschile. Il tennis è anche l’unico sport ad accomunare le uniche due donne presenti nella classifica generale stilata da Forbes degli sportivi più pagati a livello globale: Naomi Osaka e Serena Williams. Analizzando i dati proposti da Forbes, osserviamo come ci sia una differenza decisamente consistente tra l’atleta uomo e l’atleta donna più pagati al mondo: corrono ben 120 milioni di dollari di differenza tra Conor McGregor e Naomi Osaka. Curioso sapere che la tennista giapponese, con i suoi 60 milioni totali guadagnati, detiene il nuovo record di profitti per un’atleta donna. Da notare anche come tra i primi 10 atleti uomini ci sia una differenziazione tra gli sport praticati: MMA, calcio, basket, tennis, Formula 1, football americano. Per le donne invece l’unico sport significativamente trainante e che può competere con gli stratosferici introiti della sfera maschile sembra essere il tennis.
Secondo una ricerca del CONI, lo sport italiano ha un bassissimo livello di partecipazione femminile nei ruoli di leadership, inferiore al 10%. Un tema di rilevante importanza è proprio quello della leadership femminile nello sport, non in campo, ma all’interno dei processi decisionali. L’argomento è approfondito molto bene da Step Up Equality, un progetto condotto a livello europeo.
Secondo la loro analisi, le limitazioni esistenti derivano sia dalle barriere strutturali, quali valori e pratiche istituzionali discriminatorie, sia da atteggiamenti e stereotipi di genere. Molte donne hanno superato questi ostacoli e hanno ottenuto grandi successi, recando un significativo vantaggio alla società e promuovendo il cambiamento.
Per i suoi valori e le sue caratteristiche, lo sport “giocato” rappresenta una delle vie da intraprendere per l’empowerment femminile. Lo sport infatti è portavoce di una serie di principi e di insegnamenti, come la fiducia in sé stessi e il sacrificio per raggiungere un obiettivo, che possono essere fattori di successo anche in campo lavorativo. Lo sport può essere un alleato affinché le donne prendano sempre più coscienza delle proprie potenzialità e capacità e che, raggiunta questa consapevolezza, possano abbattere ogni barriera.
Le giovani donne oggi ritrovano nelle atlete modelli di femminilità, grinta, carattere ed energia. Esempi positivi da cui lasciarsi ispirare e motivare e che le portino a mettersi in gioco in qualsiasi campo desiderino.
I media svolgono un ruolo fondamentale nel percorso di riscatto dello sport femminile.
Fino a poco tempo fa lo sport raccontato era quasi esclusivamente quello maschile, lasciando molto spesso a margine il racconto dei risultati femminili o le storie delle atlete. Probabilmente perché la stragrande maggioranza dei giornalisti sportivi sono uomini. Un articolo del Servizio di Ricerca del Parlamento europeo afferma proprio che “il giornalismo sportivo sulla carta stampata è ancora un mondo di uomini, con oltre il 90 per cento degli articoli scritti da giornalisti uomini e oltre l’85 per cento della copertura dedicata agli atleti uomini”. A tal proposito anche un interessante studio del CIO durante le Olimpiadi invernali di PyeongChang 2018 aveva fatto emergere come su 2842 giornalisti solo il 19,1% fossero donne.
Oggi fortunatamente sembra che qualcosa stia lentamente cambiando: si dedica più spazio al racconto dei risultati ottenuti in campo femminile e si approfondiscono le vite delle atlete che spesso sono fonte di grande ispirazione. Il Telegraph, per esempio, ha lanciato Telegraph Women’s Sport, una piattaforma dedicata alla copertura dello sport femminile e grande vetrina di approfondimenti. L’obiettivo è quindi quello di aumentare la visibilità, celebrare le atlete, ampliare l’audience e attirare anche più sponsor.
I media possono essere davvero uno dei motori trainanti verso l’evoluzione dello sport femminile e verso la crescita di tutto il movimento sportivo.
Anche i brand che operano nell’industria sportiva si stanno impegnando per sostenere le atlete. Adidas, per esempio, continua il suo impegno nell’empowerment femminile con la campagna “Watch Us Move” per celebrare e supportare le donne di ogni parte del mondo, di qualsiasi età, fisico, etnia e religione. Questa iniziativa include la realizzazione di una linea di activewear sviluppata a seguito di uno studio sul corpo delle donne e che risponda ad ogni loro esigenza.
Di certo Adidas non è l’unico brand a muoversi in questa direzione perché è ormai chiaro che le donne stanno guadagnando una fetta di mercato sempre più ampia. Queste ultime, infatti, rappresentano un segmento di clientela molto redditizio se si considera che, sempre più spesso, sono sia le consumatrici finali che le acquirenti per il resto della famiglia.
Ecco che la comunicazione dei brand è cambiata, non si promuove più solo l’immagine della donna sportiva volta al raggiungimento di un fisico perfetto, ma si cerca di portare l’audience ad apprezzare i valori umani, il benessere fisico e la salute prima di ogni altra cosa.
Lo sport femminile ha quindi un enorme margine di crescita ed è chiaro quanto ci sia un interesse non sfruttato nel guardare verso le atlete donne. La realizzazione di questo potenziale dovrebbe guidare verso un aumento degli investimenti nelle squadre femminili e negli accordi di sponsorizzazione, ispirando a catena più ragazze a competere ai massimi livelli. Se cresce lo sport femminile, cresce di conseguenza tutto il movimento sportivo, generando così nuovi indotti e nuove opportunità.
Fonti:
https://stepupequality.geacoop.org/
https://www2.deloitte.com/xe/en/insights/industry/technology/technology-media-and-telecom-predictions/2021/womens-sports-revenue.html
https://forbes.it/2021/06/04/la-classifica-dei-50-sportivi-piu-pagati-al-mondo/
https://www.thismarketerslife.it/marketing/lempowerment-femminile-nello-sport/
https://www.agi.it/sport/news/2021-03-19/donne-quote-rosa-federazioni-sportive-coni-11832287/
foto di copertina: Getty Images