Signore e Signori, gli eventi sportivi sono tornati! Con una nuova veste, un nuovo modello di business e tanto lavoro in più da fare rispetto ad un tempo. Ma sono tornati, più in forma che mai: momenti catalizzanti per la vita delle persone, occasioni davvero golose per la promozione dei brand.
“Forse il digital inizia ad essere saturo” azzardano i più visionari. Sicuramente non basta più per soddisfare il protagonismo dei tempi moderni. Come le linee di un cerchio che tornano sempre al punto di partenza, anche i bisogni delle persone sembrano ripercorrere un ciclo, che li porta ad arrivare dove erano partiti.
Stiamo estremizzando, ma il concetto è quello: in un’epoca così social, in cui ci eravamo convinti che i tweet e i like potessero bastare, le esperienze vere, in “carne ed ossa”, sembrano tornare ad esaudire una richiesta: di partecipazione e di condivisione, elementi essenziali negli eventi sportivi moderni. Gli eventi 3.0.
Abbiamo già trattato in questa rubrica il caso Ironman per introdurre il business model del “Participation Sport” che sta guadagnando fette di mercato sempre più interessanti a discapito dei più classici “Spactator Sports”. Uno schema vincente, riprodotto - con le dovute proporzioni - anche in altre discipline: dal running al beach volley, dalla mountain bike al paddle, fino al tiro a volo.
L’obiettivo è la larghissima partecipazione di persone che pagano un’iscrizione per fare un’esperienza “unica”, in cui i protagonisti sono proprio loro - le persone - che diventano i clienti del prodotto, che a loro volta contribuiscono a creare: l’evento. Non solo: si innescano poi delle dinamiche per cui quell’evento viene preparato, consumato e raccontato dagli stessi partecipanti, che diventano - di fatto - il primo canale di comunicazione della manifestazione e dei suoi sponsor.
Tutto facile, quindi? Niente affatto. C’è innanzitutto un grande lavoro di creatività da fare a monte. Perché l’esperienza, per essere partecipata, deve essere innanzitutto unica. O almeno così deve sembrare.
Cominciò il running: chi di noi non ha mai partecipato ad una color run o ad una delle tantissime corse a sostegno di una charity del territorio? Alcuni si sono spinti oltre: la “Moonlight Half Marathon” di Jesolo raccoglie oltre 6.000 runners al chiaro di luna, la “5 alle 5” di Treviso ne ha portati quest’anno 2.500 a correre alle 5 del mattino di un venerdì lavorativo. E via di selfie, video, foto di gruppo che testimoniassero al mondo queste piccole, grandi “imprese”, con la benedizione di Diadora, main sponsor dell’evento.
Mai sentito parlare del “Beach Volley Marathon” di Bibione? Un raduno sportivo nato in modo poco più che amatoriale che quest’anno è giunto alla sua 22° edizione e ha portato nella cittadina veneta più di 20 mila persone, 2.800 squadre, 12.000 atleti impegnati in un solo weekend in 250 campi da gioco. Title sponsor? Mizuno, che da qualche anno ha deciso di investire sull’evento con un’azzeccatissima operazione di marketing.
Stessa storia per la Südtirol Dolomiti Superbike, una gara nata 24 anni fa dalla “pazza idea” di un gruppo di amici appassionati di mountainbike: pedalare per 120 km con un dislivello di 3.500 metri in Val Pusteria. “Una cosa mai vista prima, in Italia”. Oggi l’evento raccoglie ogni anno 5.000 riders da tutta Europa, amatori e professionisti insieme, e ha saputo attirare l’attenzione di sponsor di primo livello come Fi’zi:k, Sportful, Canyon e Sorgenia, che dedicano alla Südtirol Dolomiti Superbike prodotti e servizi ad hoc. Sapete come amano chiamarsi, tra loro, i partecipanti? “Leggende”.
Gli esempi si possono sprecare: nel Tiro a Volo, la FITASC riunisce sotto lo stesso cappello professionisti e amatori che gareggiano insieme, ed è capace di portare in un solo weekend oltre 1.000 appassionati a Piancardato, paesino nelle colline umbre, per partecipare all’Europeo di Sporting. Partecipare, non assistere. Partecipare pagando, aggiungiamo. Partecipare comunicando: 1.000 ambassador armati di cellulari pronti a farsi selfie, a totale beneficio dei brand sponsor dell’evento.
“Ok, abbiamo l’idea e tutto sommato non costa nemmeno troppo realizzarla”.
Bene, ma non basta. Ora è necessario costruire la trama di un racconto, in cui i protagonisti, ma anche i narratori, saranno essi stessi i partecipanti all’evento. A differenza del passato, infatti, anche la comunicazione a supporto di queste manifestazioni sta cambiando.
Non è più pensabile mettere in campo gli strumenti di comunicazione solo a ridosso dell’evento. I protagonisti di questa storia vanno accompagnati e coinvolti sempre: nei loro allenamenti quotidiani, nelle loro scelte di consumo, nella condivisione dei valori che li contraddistinguono. Parole d’ordine che contribuiscono a creare una comunità che si racconta tutto l’anno e si ritrova, in carne ed ossa, durante l’evento.
Idee creative e comunicazione strategica, quindi. Chi come noi lavora con federazioni, brand ed eventi sportivi, deve saper muoversi lungo queste due direttive, due filoni che si tengono insieme e non possono prescindere uno dall’altro. Perché, da un lato è necessario immaginare nuove sfide che sappiano coinvolgere una platea sempre più esigente, dall’altro possiamo avere l’idea più bella del mondo, ma se non sappiamo raccontarla in modo efficace e continuativo rimarrà solo e soltanto una bella idea. Come dicevamo, i partecipanti alla Südtirol Dolomiti Superbike si chiamano “leggende”, ed è proprio questo il filone narrativo da inseguire: il mito, che trasforma il mero accadimento in qualcosa da raccontare. Se sapremo costruirla, curarla ed alimentarla, sarà proprio l’epica del nostro evento a trasformare ogni partecipante in influencer.