3,8 chilometri a nuoto, 180 chilometri in bicicletta, 42 chilometri di corsa. Tutto di seguito, nella stessa giornata. Vince chi arriva primo al traguardo. Questo è IRONMAN, lo sport più duro di sempre. O meglio, il brand di proprietà di Wanda Sports Holdings.
Signore e signori, è arrivato il momento di licenziare quel mental coach, motivatore, o come volete chiamarlo. Quello che ci aveva detto che “corsa una maratona, tutto si può fare nella vita”. Correre una maratona, infatti, non è più abbastanza. C’è di meglio. C’è di più. Si chiama IRONMAN ed è uno sport praticato da migliaia di atleti solo nell’ultimo anno.
Non possiamo nemmeno nasconderci dietro alla classica frase: “quelli sono dei professionisti”. La stragrande maggioranza degli atleti IRONMAN sono infatti appassionati, liberi professionisti, imprenditori, gente che nella vita fa altro.
IRONMAN è diventato un argomento di conversazione, uno stile di vita, la sfida di chi cerca nuovi traguardi: ne parla spesso Linus dai microfoni di Radio Deejay, ci hanno provato celebrities come Joe Bastianich e lo chef britannico Gordon Ramsay. Vantarsi di aver fatto un IRONMAN è parte del gioco sin dalla sua nascita, come vedremo.
Partiamo dalle spiagge di Cervia. È li che lo scorso 23 settembre 2.500 atleti - di cui solamente 70 professionisti - si sono dati appuntamento per la prima edizione IRONMAN completamente made in Italy. È stato un successo in termini di partecipazione e di risultati, tanto che le iscrizioni per l’edizione romagnola del 2018 sono già aperte. Quanto costa partecipare? Ad oggi, si parte da 2.525 € a persona. Ad oggi, perché i posti sono limitati, e man mano che gli slot vengono acquistati il prezzo sale, per arrivare sino ad un massimo 4.560 € per pettorale. Moltiplicato per 2.500 atleti, ricordiamolo.
Perchè ci importa? Perchè IRONMAN è un modello che racconta molto sull’evoluzione dello sport business e dell’entertainment marketing. Ma soprattutto, perchè IRONMAN non è uno sport. È un brand registrato. Un brand di proprietà di Wanda Sports Holdings, divisione del colosso cinese Wanda Group, che si definisce il più grande developer immobiliare privato al mondo, fondata dal signor Wang Jianlin nel 1988.
Dopo il boom immobiliare della Repubblica Popolare Cinese, Jianlin ha rivolto i propri investimenti al mondo dell’entertainment, acquisendo nel 2012 l’americana AMC Theatres per 2.6 miliardi di dollari, e quindi la casa di produzione Legendary Entertainment per 3.5 miliardi di dollari nel 2016, divenendo il più grande cinema operator del mondo, ed un colosso cinematografico.
Quando Wanda si è rivolta al mondo dello sport, l’ha fatto con le stesse logiche: investimenti colossali per acquisire properties e asset di distribuzione. Primo passo: uno share nell’Atletico Madrid; con il calcio non si sbaglia mai. Quindi l’acquisizione per 1.2 miliardi di dollari di Infront, società svizzera di marketing sportivo, produzione e distribuzione di immagini televisive, TV rights management (lavorano con FIFA, Serie A, Milan, Federazione Internazionale di Sci, per citarne alcuni). E infine, rilevando il brand a stelle e strisce IRONMAN per 650 milioni di dollari.
Investimenti che mirano appunto all’integrazione della filiera evento - marketing - promozione - distribuzione. Investimenti che Wanda ha capitalizzato attraverso una progressiva differenziazione dell’offerta, introducendo sotto il brand IRONMAN un portfolio di eventi (IRONMAN Triathlon Series, IRONMAN 70.3, 5150 Triathlon Series races, Iron Girl, Ironkids etc.) arrivando nel 2016 a coinvolgere 680.000 partecipanti in 260 eventi organizzati in 44 paesi diversi.
Semplificando, il business model è quello del “Participation Sport”, che mira appunto alla larghissima partecipazione di atleti che pagano un’iscrizione. L’evento (nuotare, pedalare, correre) e il prestigio che ne deriva dalla partecipazione sono il prodotto; gli atleti sono i clienti. Un modello che si contrappone ai più classici “Spectators Sports” - pensiamo al calcio - dove gli atleti sono invece parte del prodotto, e gli spettatori sul divano o allo stadio sono i clienti.
I “Participation Sports” sono un business in continua crescita e l’IRONMAN ne è un’ottimo esempio. Gli atleti investono in allenamenti, coaching, materiali, bevande, alimenti, software, viaggi ed entry fee per le competizioni. Al contempo, l’evento in sé costa relativamente poco in termini di organizzazione. Uno sport senza costi fissi di struttura (non serve uno stadio), dove il personale impiegato è in larga parte composto da volontari e appassionati, spettatori che non si aspettano molto in termini di servizi ma cercano l’esperienza e un alto numero di partecipanti che generano indotto nel territorio, facilitando l’accesso a contributi pubblici e incentivi.
L’atleta - o meglio l’appassionato - è quindi il target del prodotto IRONMAN. E si tratta di un target qualificato. Nel 2014, una ricerca sul mercato UK di MultiSport Research (MSR) delineava una spesa media annua per partecipante di 2.790 Sterline. Il salario medio rilevato dell’appassionato era di 47.500 Sterline, l’età media di 41 anni, e si registrava un’alta incidenza di liberi professionisti ed imprenditori.
Un target su cui puntano gli sponsor, che visto il successo del format non mancano. Guardando in casa nostra, pensiamo ad Arena, che ha siglato un accordo come sponsor tecnico di IRONMAN per 104 eventi tra il 2016 e il 2017. O, rimanendo in Europa, RedBull, che è coinvolta nella molteplice veste di sponsor personale di alcuni atleti, sponsor di singoli eventi e broadcaster tramite la propria piattaforma multi-canale.
E pensare che tutto nacque nel 1978, alle Hawaii, durante una discussione su quali fossero gli atleti più forti: i ciclisti, i nuotatori o i maratoneti? Una sfida che dopo quarant’anni ha prodotto il format IRONMAN, come lo conosciamo oggi.
”Swim 2.4 miles! Bike 112 miles! Run 26.2 miles! Brag for the rest of your life”, “Nuota per 2.4 miglia, pedala per 112 miglia, corri per 26.2 miglia. E vantatene per il resto della vita”. Fu questa la famosa frase scritta da John Collins, co-fondatore del brand, sul regolamento della prima gara.
Una scritta a mano, su una spiaggia Hawaiana, per inaugurare un’esperienza che oggi è diventata un trademark registrato. Un successo straordinario, che va ben oltre la somma dei tre sport che lo compongono.