La realtà aumentata sta cambiando il mondo dell’advertising, mettendo fine alla dicotomia tra fisico e virtuale. Persone diverse, guardando la stessa cosa, nello stesso momento, vedono pubblicità diverse. Senza visori o applicazioni, senza smartphone o occhialini speciali. Succede già oggi, e funziona sia sugli ultimi TV led come sul Mivar della nonna, e probabilmente nessuno se ne accorge.
Sono anni che i pubblicitari si ritrovano a bere aperitivi, disquisendo dell’internet. “Ha cambiato tutto. Targetizza troppo bene. Mostriamo ad ogni pubblico una creatività specifica. Prima era il banner, poi il video su YouTube, adesso sono i social: ad ogni cluster il proprio messaggio. Sono lead che convertono. È il futuro. I giornali sono già morti, la TV morirà.”
Ma la TV non è affatto morta, e anzi alza la guardia per uscire dall’angolo. Cosa succederebbe, ad esempio, se la TV potesse fare concorrenza al web, in termini di segmentazione e targetizzazione del pubblico in chiave pubblicitaria? E se potessimo unire i contenuti televisivi premium e di larghissima diffusione, come le partite di calcio, alla capacità di internet di consegnare messaggi diversi a target diversi?
Non stiamo parlando di canali tematici o pubblicità in sovrimpressione, quella è roba anni ’90, da tele-promozioni dei compressori. Ci riferiamo al vero e proprio contenuto dell’evento sportivo trasmesso in TV, e della possibilità di cambiare ciò che sta accadendo in campo, in relazione a chi guarda. Persone diverse che guardano la stessa partita, allo stesso momento, vedendo però cose diverse a seconda della propria appartenenza ad un target piuttosto che ad un altro.
Succede già oggi, e non ce ne accorgiamo. Non è complottismo, e nemmeno un tentativo di spiegare la teoria dell’indeterminatezza di Heisenberg.
Stiamo semplicemente parlando dei cari e vecchi cartelloni pubblicitari a bordo campo. Avete presente? Quei cartelloni a forma di Toblerone che circondando i campi di calcio (ma anche di hockey, basket, football…) di tutto il mondo.
Il cartellone a bordo campo è forse uno dei display più potenti tra i canali di distribuzione tradizionali. È fisicamente in campo, sotto gli occhi di tutti. Spesso è parte dell’azione. Colpito dal pallone, saltato dal giocatore, preso a calci dal portiere, usato dai fotografi come treppiede, dai panchinari per il riscaldamento, dal raccattapalle come nascondiglio: è parte dello show.
Ha anche dei difetti, il nostro amato cartellone. È statico. O meglio lo era. Con l’introduzione dei teli rotanti prima, e dei display a LED poi, è diventato un supporto a disposizione di più advertiser durante la stessa partita, con pubblicità in rotazione.
Certo, adesso gli ads si muovono, ma lui fisicamente è sempre lì, ancorato al terreno, testimone muto di gesta sportive, novecentesco attrezzo in un mondo digitale. Cosa c’entra quindi con la targetizzazione, e l’antagonismo tra TV e web?
Tutto sta cambiando con l’avvento delle Digitally Enhanced Dasherboards (DED), i cartelloni pubblicitari in realtà aumentata, che permettono di mostrare pubblicità diverse a target diversi su reti televisive diverse.
Cerchiamo di spiegare le DED con un esempio facile facile. La stessa partita. Lo stesso stadio. Gli stessi cartelloni, fisicamente lì, a bordo campo. Ma mentre chi guarda la partita in TV dall’Europa vede un advertisement di Barclays Bank scorrere dietro ai giocatori, gli spettatori asiatici si trovano esposti al logo di Ethiad Airways. Allo stesso tempo, chi è fisicamente allo stadio vede un messaggio di Continental. Stesso evento, stesso cartellone, tre pubblicità diverse per tre mercati diversi, contemporaneamente.
Noi, sprofondati sui nostri divani di casa, non ci accorgiamo di nulla. Guardiamo la partita, e dietro ai giocatori scorrono dei messaggi pubblicitari. Non ci sono sovrapposizioni, non ci sono effetti di luce strani o sfondamenti dell’immagine. L’inserimento digitale dell’advertising non è percepibile.
Una tecnologia di realtà aumentata, composta da elementi hardware e algoritmi raffinati, interpreta le immagini che giungono dalla regia della partita, sostituendo al cartellone fisicamente presente sul campo delle immagini - delle creatività pubblicitarie - specifiche per ogni territorio di destinazione del broadcast. Quello che agli occhi dello spettatore è solo un cartellone pubblicitario dietro ai giocatori, è in realtà una complicata sovrapposizione di livelli fisici (il cartellone sul campo) e digitali (le creatività) che vengono mixati automaticamente, scontornando tutto ciò che ci passa davanti, in real time. Con la potenza di calcolo di oggi, infatti, i giocatori, i soggetti in movimento o altre ostruzioni non disturbano il software, che mantiene l’advertising virtuale sul cartellone, senza mescolarsi agli oggetti che si frappongono tra il cartellone stesso e la telecamera.
Ad oggi questo sistema è già stato utilizzato dalla Liga Spagnola, dalla Serie A in Italia, e - notizia del 13 Marzo - è stato approvato anche dalla severa BundesLiga tedesca, dopo un test effettuato durante la partita Borussia Dortmund - FC Augsburg trasmessa in tutto il mondo lo scorso 26 Febbraio.
Le Digitally Enhanced Dasherboards stanno cambiando il modo di fare - e di valorizzare - la pubblicità all’interno degli stadi. La targetizzazione per aree geografiche significa massimizzare gli introiti pubblicitari. È infatti palese che, vendere gli spazi di uno stadio durante una partita a tanti advertiser diversi quanti sono i mercati di destinazione del prodotto, rappresenti un boost alle revenues.
Il prossimo step? Oggi l’hardware e gli algoritmi sono abbastanza potenti per sostituire le immagini sui cartelloni a bordo campo. Ma un domani, cosa impedirà di sostituire il logo dello sponsor sulla maglia dei giocatori, proponendo un brand diverso per ogni mercato di destinazione?
E questo non solo nel calcio. La soluzione tecnologica è infatti adottabile in qualsiasi location: basta “spiegare” all’algoritmo a quale oggetto sovrapporre la pubblicità. Che sia uno stadio od un autodromo, un concerto o un documentario, qualsiasi prodotto televisivo può includere pubblicità create su misura per target diversi.
Se a questo associamo le sempre crescenti potenzialità della distribuzione televisiva - il broadcast over internet, le smart TV, il live streaming - possiamo facilmente immaginare un’evoluzione che porterà a raffinare la segmentazione in cluster sempre più precisi, fino a targetizzare il singolo individuo. In fondo Netflix sa bene chi siete, conosce il vostro sesso, sa quando siete nati, con che banca pagate, quali sono i vostri gusti televisivi, a che ora siete più attivi e quando andate a dormire, e chissà quante altre informazioni si possono inferire da questi dati.
Riuscite a vederlo anche voi? È il remarketing televisivo che avanza. Non potremo più guardare Master Chef senza trovarci davanti ad una pubblicità di un frullatore. Ma questo, in fondo, succede già oggi.