Un fenomeno già sbocciato nel mondo, che anche in Italia sta spiccando il volo grazie ad investimenti sostenuti da strategie e attività di comunicazione ad hoc.
L’estate del 2018 verrà ricordata da tutti per l’arrivo di Cristiano Ronaldo alla Juventus: un trasferimento che, oltre ad aver portato il campione portoghese in bianconero, ha generato un indotto pazzesco in termini di visibilità e business per la società di Torino e per il sistema del calcio italiano.
Ai più attenti, però, non è sfuggita l’ascesa del calcio femminile: un caso già diffuso nel mondo, che anche nel nostro Paese sta provando a farsi strada grazie ad investimenti da parte della Federazione, delle società e degli sponsor, sostenuti da strategie e attività di comunicazione dedicate.
All’estero il pallone in rosa si è affermato prima che dalle nostre parti.
Basti pensare che - solo in Europa - sono più di 1,3 milioni le giocatrici, con un incremento delle atlete che ha superato il 100% negli ultimi 5 anni. Tra loro - ed è questo il dato più interessante dal punto di vista delle strategie di comunicazione e marketing - più della metà ha meno di 18 anni. Inghilterra, Francia, Germania, Olanda, Norvegia e Svezia contano oltre 100.000 tesserate; 52 Paesi possono vantare un campionato dedicato e ci sono più di 170 nazionali europee di calcio femminile, comprese le compagini giovanili.
Oltre Oceano, il Pink Football è un vero e proprio must: la nazionale USA detiene il titolo Mondiale, riempie gli stadi ad ogni latitudine e continua a portare nelle casse di società e atlete - vere e proprie icone tra le ragazzine - grosse somme di denaro versate dagli sponsor. L’ultimo campionato del Mondo di calcio femminile ha generato un giro d’affari di 55 milioni di euro, con 53.000 spettatori in occasione della partita inaugurale.
Con numeri del genere, destinati ad aumentare ulteriormente nei prossimi anni, le opportunità pubblicitarie e di business sono davvero enormi: per questo le società hanno individuato nel calcio femminile un asset di crescita e si stanno muovendo velocemente per strutturare anche questa leva di mercato.
Il Manchester United, la squadra con più tifosi al Mondo (354 milioni i fans dei “Red Devils”), ha da poco lanciato con grande fasto la sua squadra femminile, che disputerà la FA Women’s Super League, il massimo campionato inglese recentemente divenuto professionistico.
In Francia, l’Olympique Lyonnais investe circa 5 milioni di euro l’anno sul pallone in rosa. Nei Paesi Bassi, 20 anni fa la KNVB (la federazione olandese) ha strutturato un piano di sviluppo del calcio femminile che oggi sta raccogliendo i suoi frutti: 153.000 giocatrici tesserate, con un’età media di 13 anni, centri sportivi e stadi pieni di ragazze e titolo europeo conquistato dalle Orange nel 2017.
Ma non sono solo i Paesi del Nord Europa a credere nel settore. La Federazione Brasiliana di calcio (la CBF) ha stabilito un’importante novità nel “Regolamento delle Licenze dei Clubs”: le squadre brasiliane di Serie A, per poter partecipare alla Copa Libertadores, dovranno avere nella struttura societaria almeno una squadra femminile.
E in Italia? Seppur in ritardo rispetto agli altri paesi Europei, anche il Belpaese sta facendo significativi passi in avanti. Nelle ultime stagioni la F.I.G.C. ha investito nel calcio femminile istituendo 3 nuove Nazionali e - aspetto non secondario - permettendo alle società di Serie A maschili di acquistare il titolo sportivo delle società femminili già esistenti. Sono nate così le squadre femminili dei club più importanti.
“Passerò per Piazza di Spagna” scriveva Cesare Pavese, e per Piazza di Spagna sono passate le atlete della Roma femminile presentate in pompa magna, accompagnate dai colleghi della squadra maschile.
La Juventus, società sempre pronta a cogliere nuove opportunità di business, sta pensando di realizzare un nuovo impianto da riservare alla propria squadra femminile.
Anche il Milan - rilevato il titolo del Brescia - in questa stagione schiererà il suo nuovo team di calciatrici, seguito a ruota dai cugini dell’Inter della stellina Regina Baresi. La direzione è chiara: utilizzare le società di Serie A maschili come veicolo in termini di visibilità per incrementare il bacino dei tesserate e far crescere il movimento.
I primi risultati iniziano ad arrivare. Battendo il Portogallo, lo scorso giugno le ragazze della Nazionale hanno strappato dopo 20 anni il pass per i prossimi Mondiali di Francia 2019, mentre i più blasonati colleghi hanno dovuto guardare da casa la rassegna iridata. Quello storico match ha stabilito un record tutto al femminile: le azzurre sono state la prima rappresentativa nazionale italiana ad essere trasmessa in diretta su Facebook, con 94.000 visualizzazioni sulla pagina della F.I.G.C e 11.000 su quella della nazionale “Vivo Azzurro”.
Anche le novità degli ultimi giorni sono significative. Sky Sport ha acquisito i diritti tv per il campionato di serie A femminile ed anche un vero e proprio fenomeno di massa come il Fantacalcio ha fatto irruzione nel panorama del football femminile in Italia, nella versione “Fantawomen”. Insomma, dopo anni in cui il calcio femminile è stato troppo spesso dimenticato, anche in Italia la rivoluzione è finalmente in atto.
Di fronte a questo scenario, il mercato ha reagito immediatamente, investendo su questa nicchia sempre più popolare. Solo a titolo di esempio, la FA inglese ha recentemente lanciato il nuovo Subbuteo femminile, l’azienda di giocattoli Mattel ha prodotto una Barbie con la maglia della Juventus, ispirata a Sara Gama, capitana delle bianconere. Persino Cristiano Ronaldo - questa volta in veste di produttore televisivo - vuole lanciare una serie TV sulle calcio femminile.
Per non parlare dello sportswear, dove l’esplosione del calcio in rosa ha esteso le opportunità di sviluppo dei brand ad un mercato sempre più grande e interessante.
Nike è stato il primo brand ad intuire l’enorme potenziale: è storica la sponsorship stipulata con la nazionale USA, una delle più forti del pianeta. Il trend, tuttavia, vede ora un cambio di strategia in ambito marketing: si è passati progressivamente dall’investimento sulle squadre ai singoli atleti, a partire da Mia Hamm, la prima calciatrice Nike, nonché la prima atleta di calcio femminile sotto contratto per una sponsorizzazione tecnica. La “leggenda” vuole che nel 1993 la calciatrice statunitense firmò un contratto scritto sul tovagliolo di un bar, un contratto che si rivelò talmente proficuo che l’azienda decise, 6 anni dopo, di dedicarle l’edificio più grande della sua sede centrale in Oregon.
Adidas? Ovviamente il brand tedesco non sta a guardare: l’azienda tedesca è sbarcata in Italia stringendo una sponsorizzazione con il capitano dell’Inter Regina Baresi. Vera e propria influencer sui social, la calciatrice nerazzurra è oggi brand ambassador per l’azienda, sviluppando attività promozionali on e off line.
Infine Under Armour. L’azienda americana lo scorso anno ha lanciato la campagna “Power in Pink” in occasione della giornata mondiale contro il cancro al seno, presentando un’edizione limitata di scarpini da calcio e rugby di colore rosa, indossati da sportivi e sportive di primo livello.
Le porte del nuovo mondo si sono finalmente spalancate, anche grazie a strategie e campagne di comunicazione studiate per promuovere il movimento.
“They call us lionesses. Because we play with hunger. We are wild in our hearts and untamed in our skills. We are lionesses. Now we’ll wear what we are”. Con questo claim, in occasione degli ultimi europei, la Federazione olandese e Nike, con il supporto dell’agenzia creativa Wieden+Kennedy, hanno realizzato un’operazione di rebranding. Il logo non rappresenta più il tradizionale leone, simbolo ufficiale dei Paesi Bassi, bensì una leonessa. L’obiettivo è piuttosto chiaro: fare in modo che “ogni atleta indossi ciò che veramente sente di essere”.
“È un’idea molto più ampia rispetto al semplice upgrade di una campagna pubblicitaria: è un’idea che contribuirà a velocizzare il processo di crescita del calcio femminile” sono state le parole di Hannah Smit, direttore artistico della Wieden+Kennedy, durante la presentazione del crest. Risultato finale? Il ruggito delle Leonesse ha consentito all’Olanda di diventare campione per la prima volta nella sua storia, riempiendo non solo gli stadi ma anche i palinsesti televisivi di tutta la nazione.
Promuovere il calcio femminile riducendo il divario che lo separa da quello maschile: è questa la mission per i top team europei. Il Manchester City, ad esempio, ha voluto sottolineare come le similitudini tra calcio maschile e femminile siano molto più grandi delle differenze, lanciando la campagna “Same City, Same Passion”.
“Uomini e donne: stesse scarpe, stesse regole, stessi gol, stessi rivali, stesse difficoltà, stesse gioie, stesso orgoglio, stessa passione, stesso gioco. Non è calcio femminile o calcio maschile, è solo calcio”.
Attraverso la fusione dei canali social, il club inglese ha deciso di offrire ai propri sostenitori la possibilità di godere dell’emozione e della passione che caratterizza ogni squadra del Manchester City, promuovendo la passione per il calcio senza distinzione di genere.
Insomma, siamo ancora agli albori e di strada da fare ce ne sarà ancora molta. Ma la direzione intrapresa è quella giusta, le opportunità non mancano e i margini di crescita sono davvero esponenziali. Non ci resta che camminare o, se preferite, correre. Con gli scarpini rosa, ovviamente.